I maestri di retorica dell’Antica Grecia

Perla di Vittorio Galgano

Tratto dal libro di Vittorio Galgano “Come sedurre il pubblico con la parola
Tratto dal libro di Vittorio Galgano “Come sedurre il pubblico con la parola

La parola “RETORICA” (arte del dire) è stata tinta ingiustamente di significati ampollosi e accademici e la sua cattiva fama è dovuta soprattutto agli antichi oratori romani che fingevano di non conoscerla, o di considerarla con disprezzo, per allontanare da loro il sospetto di essere più che schietti e sinceri, molto abili nell’accalappiare e raggirare gli ascoltatori.
Quotidianamente noi usiamo delle espressioni che prese alla lettera sono inverosimili ed assurde, ma che si adoperano costantemente perché senza di loro stenteremmo ad esprimerci con efficacia.

 

Queste espressioni appartengono alla RETORICA e concorrono ad arricchire meravigliosamente il nostro modo di PARLARE. Appaiono di continuo in ogni tipo di COMUNICAZIONE.

 

È importante la conoscenza della RETORICA perché ricorrendo, in modo consapevole e appropriato, alle espressioni RETORICHE si può dare ad un’idea una rappresentazione particolare, attribuirle un’ampiezza ed un vigore che il linguaggio proprio non permetterebbe.
E’ proprio per questo che in pubblicità possiamo riscontrare molta RETORICA.

 

Corso COME PARLARE IN PUBBLICO

COINVOLGI il tuo pubblico e ottieni il CONSENSO!

 

Ecco i nomi (tutti di origine greca) di alcune FIGURE RETORICHE:

 

Ironia (finzione).

Si ha quando un’espressione ha un significato diverso, per il tono di voce con cui viene detta, da quello che le parole esprimono: Che unghie pulite! (cioè sporche);

Che modi veramente gentili! (cioè villani).

 

Litote (attenuazione).

Consiste nell’attenuare un concetto con la negazione del suo contrario.

Niente buffo; niente bello; niente gentile.

Troviamo l’applicazione della litote per la pubblicità della siringa Pic Indolor: La siringa niente male.

 

Antitesi (contrapposizione).

Consiste nel manifestare, allo scopo di rinforzarli, concetti opposti a quelli di cui parliamo:

Il personale di quel negozio non è gentile, ma veramente villano!

Non erano locali ampi ed ariosi, ma piccoli ed angusti.

Dante ne è maestro:

Non frondi verdi, ma di color fosco,

Non rami schietti, ma nodosi e involti,

Non pomi v’eran, ma stecchi con tosco.

 

Antonomasia (mutamento di nome).

Consiste in uno scambio di nomi. Ad esempio non si indica un  personaggio famoso con il suo vero nome, ma facendo riferimento ad alcune sue peculiarità notissime: Il poverello d’Assisi (S.Francesco); Il Corso (Napoleone); Il segretario Fiorentino (Machiavelli).

Oppure si allude ad una persona comune col nome proprio di un personaggio famoso: Franco è un Mecenate; Federico è un Ercole; Il dottor Fondi è un Demostene.

 

Eufemismo (buona espressione).

Consiste nel ricorrere ad un espressione meno cruda e realistica per descrivere qualcosa di poco piacevole:

È stato chiamato dal cielo (per dire che è morto).

Paese in via di sviluppo (invece di sottosviluppato).

 

Iperbole (eccesso).

Si manifesta in un’espressione che va oltre il verosimile allo scopo di accrescere o diminuire una dimensione, una misura, un’idea: È un secolo che non ti vedo; Te l’ho detto mille volte; Non si sveglia neppure con le cannonate; Esco a fare due passi; Si muove a passi di formica; vado e torno in un secondo.

 

Metafora (parola  trasportata).

Si ha una metafora quando si prendono a prestito parole da un certo contesto (dalla scienza, dalla tecnica; dalla politica; dallo sport; ecc.) e che per il loro valore di verosimiglianza con l’idea che desideriamo esprimere, le trasportiamo  in un altro contesto.

L’espressione: Il DISCORSO elettrizzò il PUBBLICO. È un chiaro esempio nel quale il verbo elettrizzare viene prelevato dal contesto scientifico e portato in un altro.

Grazie alla metafore molti termini dell’astronautica sono stati presi a prestito dall’aeronautica che a sua volta li aveva rilevati dalla navigazione marittima: abbordare; imbarcarsi, sbarcare, crociera appartengono infatti originariamente a quest’ultima, ma vengono utilizzati indistintamente anche negli altri due settori.

Ecco altri esempi di metafore utilizzate da tutti:

È cattivo come la peste; Ha uno stomaco che digerisce i chiodi; E’ nato con la camicia; Mostrare i denti; Non essere uno stinco di santo; Fare il filo; A tutta birra; L’ho pescato che dormiva sopra la pratica; Andiamo a bere un bicchiere; Tirare troppo la corda; Siamo nel tempo delle vacche magre, ma arriverà quello delle vacche grasse; E’ un asino; E’ un’oca; E’ una volpe; E’ un demonio; Ha la faccia di bronzo; Le bugie hanno le gambe corte; Il teatro del conflitto; La caccia al potere; Posare la questione sul tappeto; Prendere un granchio; Coprire la carica;
Ispirarsi agli interessi del paese; Ha la mano di ferro in un guanto di velluto. Ha la testa tra le nuvole; E’ un pozzo di scienza.
In pubblicità sono molto conosciute le metafore della ESSO “Metti un tigre nel motore” e quella splendida di Wheeler: “Ditelo con i fiori”…

 

Perifrasi (giro di parole).

Consiste nell’indicare una cosa o una persona, non col suo  nome ma con una sequenza di parole. Viene usata per:

  • evitare un termine che potrebbe essere sconosciuto a chi ascolta: la capacità di porsi nella situazione di un altro al posto di empatia;

  • per rendere qualcuno più solenne: Colui che fu chiamato “l’eroe dei due mondi”.

 

Metonimia (uso di un nome al posto di un altro).

Consiste in uno scambio di nomi fra i quali esiste una relazione. I casi più comuni di metonimia si hanno quando si indica:

  • l’emblema per le istituzioni: Il discorso della corona;

  • l’abito per la persone: Le camicie rosse;

  • Il segno, il simbolo per le idee: Il regno della  croce; Portare l’olivo tra la gente;

  • il contenente per il contenuto: Beviamo un bicchiere;

  • l’autore per l’opera: È stato venduto un Picasso; Sto leggendo Dante;

  • il mezzo per la cosa prodotta: è una perfida lingua; miracoli di scalpello;

  • le materie con cui le cose sono fatte invece delle cose stesse: I bronzi e i marmi di cui quel museo è ricco.

 

Sineddoche (più cose insieme)

Consiste nel dare ad una parola un senso più esteso o più ristretto di quello vero.

Esempi: L’Italiano è musicista nato; La donna è vanitosa;  L’uomo è avido; Guardò  con occhio bieco; il cane è fedele (in questi casi il singolare sta per il plurale ed ha un senso più esteso).In questa famiglia il pane non è mai mancato ( in questo caso la parola pane ha un senso più ampio e sta per tutto ciò che è necessario per vivere.)

Nello slogan pubblicitario “Gillette la grande innamorata della vostra pelle”.

Olivier Reboul nel suo libro “Le slogan” vi ha individuato numerose figure retoriche, tra cui le più evidenti sono queste:

  • “Gillette” è un’antonomasia;

  • “La” è un’iperbole perché le attribuisce alla metafora grande innamorata IL significato di: “unica”; significato che non ci sarebbe stato se l’articolo fosse stato omesso;

  • “Pelle” (pelle sta per viso ed è quindi una sineddoche in quanto indica una parte per il tutto).

 

Un ulteriore debito che i comunicatori moderni hanno nei confronti degli antichi greci è la famosissima regola anglosassone delle 5 W:

 

  1. Who?    (Chi?)

  2. What?   (Cosa?)

  3. When?  (Quando?)

  4. Where? (Dove?)

  5. Why?    (Perché?)

    Infatti Aristotele, dal quale attinse anche Cicerone, suggeriva domande analoghe per argomentare in modo pertinente, completo e per organizzare la disposizione del DISCORSO.

 

Ecco le domande in latino:

  1. Quis?                (Chi?) 

  2. Quid?                  (Cosa?)

  3. Quando?            (Quando)

  4. Ubi                       (Dove?) 

  5. Quomodo?         (Come?)

  6. Cur?                     (Perché?)

  7. Quibus auxiliis? (Con quali mezzi?)

 

Mai come oggi, grazie ai mass media, le FIGURE RETORICHE sono entrate così massicciamente in ogni tipologia di COMUNICAZIONE.

Soprattutto la pubblicità fa ricorso alla retorica per catturare l’attenzione del pubblico e convincerlo all’acquisto.

I pubblicitari, a tal fine, usano spesso la sinestesia (anche questa è parola di origine greca che significa “percezione simultanea”. Si ha la sinestesia quando si associano in un’unica espressione parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse, per esempio:

  • illuminante silenzio

  • sapore morbido

  • rosso bollente

  • gusto soffice

  • teneramente rosa.

 

Queste espressioni, costringendo quasi a scomporle per analizzarne le parole, non solo imbrigliano l’attenzione, ma quando sono azzeccate, trasmettono anche un messaggio breve, preciso e ricco d’implicazioni e valori emozionali.

 

Possiamo sospettare che i maestri Greci  abbiano intravisto l’importanza della  COMUNICAZIONE multisensoriale  di cui  parla la programmazione neurolinguistica, una scienza nata nel 1970.

Ma come sono grandi e attuali questi Greci antichi!

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