Dall’incontro tra Adriana Galgano e un robot cameriere in un ristorante di una cittadina del centro Italia, sono scaturite interessanti e utili considerazioni sull’evoluzione delle competenze che questa realtà chiede a ciascuno di noi.

Perla di Adriana Galgano 

Recentemente, in un ristorante, ho sperimentato il servizio al tavolo da parte di un grazioso ROBOT. Lo potete vedere nel video che gli ho fatto. L’ordine lo abbiamo inviato autonomamente attraverso un tablet.

In questo ristorante ci sono, comunque, ancora persone che fanno servizio al tavolo insieme al ROBOT. Anche perché qualcosa potrebbe non funzionare.

Solo per fare un esempio, se il wi-fi fosse fuori uso, dal tablet non sarebbe possibile inviare ordini. Se questo ristorante non avesse un piano B digitale, ci potrebbe capitare di vedere un cameriere al tavolo con… carta e penna. Il ROBOT non è programmato per risolvere imprevisti, ma per trasportare piatti.

La prima considerazione da trarre da questa esperienza è che i ROBOT sono più vicini a noi di quanto si potrebbe pensare. E sono qui per restare.

Offrono infatti diversi vantaggi:

  • aumentano la produttività (e quindi riducono i costi): solo per fare un esempio, i ROBOT sono perfetti per eseguire attività ripetitive; il cervello umano no. Per il nostro cervello fare attenzione è come per il nostro corpo correre: come abbiamo bisogno di fermarci a riprendere fiato dopo un po’ che corriamo, così il nostro cervello ha bisogno di fermarsi dopo aver prestato attenzione. Il ROBOT non soffre di cali di attenzione e quindi è più performante. Se a ciò aggiungiamo che quando ci sforziamo a fare attenzione in situazioni noiose e ripetitive, per il nostro cervello è come per il nostro corpo correre in salita, comprendiamo che un robot può essere molto utile anche a diminuire il carico di noia e fatica lavorativa di ciascuno di noi;
  • riducono il rischio nel compimento di attività pericolose. A sminare una zona, spegnere un incendio, intervenire in caso di incidente nucleare molto meglio mandare un robot che una persona;
  • lavorano 7 giorni su 7, 24 ore al giorno e riducono così la necessità di turni serali e festivi da parte delle persone. Più tempo quindi per le famiglie, amici e hobby;
  • grazie allo sviluppo dell’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, sono in grado di compiere attività sempre più complesse e aumentare il valore aggiunto che producono.

Questi vantaggi hanno naturalmente un costo. A vedere i siti, attualmente, il prezzo di un robot/cameriere si aggira intorno ai € 18.000,00, senza considerare costi di manutenzione, aggiornamento e sostituzione. Immaginando la velocità di INNOVAZIONE nel settore della robotica, sicuramente i tempi di pensionamento di un ROBOT sono molto più veloci di quelli degli umani. Inoltre la loro introduzione in un’azienda richiede un processo riorganizzativo e il supporto qualificato di programmatori e tecnici. Insomma dotarsi di un ROBOT non è un investimento da poco.

Sorgerà qui spontanea la domanda: i ROBOT riducono il lavoro?

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Certamente con l’introduzione del ROBOT diversi lavori e posti di lavoro scompariranno come è già successo nel passato. Pensiamo a chi costruiva, guidava carrozze o allevava cavalli alla fine dell’800. Quasi tutti sono stati sostituiti da chi costruisce e guida automobili. L’occupazione complessiva però ne ha guadagnato.

Mia nonna mi raccontava che ai suoi tempi c’erano persone che vendevano il ghiaccio per strada. Questo lavoro oggi non esiste più, ma esistono coloro che girano per strada con il furgoncino per vendere surgelati e oggi nelle case abbiamo i frigoriferi. C’è chi li produce, chi li distribuisce, chi li vende e chi li aggiusta. Anche in questo caso l’INNOVAZIONE ha avuto un effetto positivo sull’occupazione.

Perciò, per analogia con le grandi rivoluzioni industriali del passato, che ne dici di immaginare una evoluzione positiva conseguente all’introduzione dei ROBOT: maggiore occupazione complessiva, maggiore produttività, settimana più corta, per esempio di 4 giorni a parità di stipendio, grazie all’aumento di produttività? È uno scenario che non possiamo escludere.

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Ritorniamo al nostro robot/cameriere. La seconda considerazione da fare è che, probabilmente, rende necessarie meno persone che effettuano servizio al tavolo, ma non ne elimina la funzione, la arricchisce. Il cameriere carica i piatti e collabora al raggiungimento del tavolo da parte del ROBOT, definendo e aggiornando mappe e itinerari, assiste il cliente in caso di problemi con il tablet e con il ROBOT, oltre a dare informazioni e consigli sul menù a chi lo richieda.

Interessante a questo proposito l’esperienza di Cembre spa di Brescia, il principale produttore italiano di connettori elettrici a compressione, che ha inserito in fabbrica dei COBOT (ROBOT programmati per collaborare con le persone). Hanno dichiarato di averlo fatto per:

  • “utilizzare i nostri operatori in attività a più valore aggiunto, come le ispezioni e l’ottimizzazione dei processi, e trasferire le attività senza valore aggiunto e le attività ripetitive, come il movimento o il trasporto, ai cobot;
  • aumentare l’ergonomia degli operatori, che è di per sé uno dei nostri obiettivi primari insieme al benessere e alla soddisfazione dell’operatore. Questi ultimi dovrebbero aumentare perché le competenze richieste a un operatore saranno portate a un livello superiore migliorando così l’interesse per il lavoro all’interno dell’officina di lavorazione;
  • a lungo termine, una volta che il sistema completo sarà distribuito nell’intera fabbrica, prevediamo anche una diminuzione dei tempi di consegna e delle perdite di qualità.”

I ROBOT possono essere dotati di INTELLIGENZA ARTIFICALE: software o hardware capaci di svolgere attività che richiedono l’intelligenza umana.

Come scrive Stefano Quintarelli nel suo libro possiamo distinguere due diverse categorie di INTELLIGENZA ARTIFICALE:

  • “l’INTELLIGENZA ARTIFICALE ristretta che descrive tutti quei sistemi progettati e utilizzati per affrontare compiti ben specifici, seppure complessi, da giocare a scacchi a guidare un veicolo autonomo;
  • l’INTELLIGENZA ARTIFICALE generale, che indica un sistema che riesce ad adattarsi in modo autonomo a risolvere qualsiasi compito gli venga assegnato, indipendentemente dal contesto di inserimento.”

Mentre l’INTELLIGENZA ARTIFICALE ristretta è una realtà, l’INTELLIGENZA ARTIFICALE generale è ancora un’utopia non raggiungibile, prima di tutto per un’insufficiente conoscenza di come funziona il nostro cervello. Non si può certo replicare ciò che non si conosce.

Le CHATBOT sono un esempio di utilizzo dell’INTELLIGENZA ARTIFICALE. Il nome deriva da due parole: chat, dall’inglese chiacchierare, e bot, ovviamente da ROBOT.

Le CHATBOT grazie a specifici algoritmi forniscono risposte strutturate e pertinenti a determinate domande.

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Ci rispondono per esempio, quando contattiamo il servizio di un’azienda o quando utilizziamo il cellulare.

Tra le CHATBOT più popolari ci sono Siri, l’assistente virtuale della Apple; Google Now, l’assistente virtuale per Android; e Cortana, la chatbot nata con Windows 10. Rispondono alle nostre richieste di informazioni e ci consentono di accedere alle funzionalità dei nostri smartphone.

Anche qui, funzionano quando la domanda non è complessa.

Ho appena chiesto a Siri di trovarmi le istruzioni per appendere un quadro e mi ha fornito subito 3 link utili.

Gli ho chiesto di trovarmi degli articoli recenti sulla Customer Experience e mi ha fornito 3 link che trattano di Custom Beauty e Custom Hair!

Le CHATBOT sono molto utilizzate per fornire supporto al Customer Care. Gli esperti consigliano di iniziare affrontando situazioni semplici per consentire agli operatori di dedicare tempo ai problemi più complessi.

I ROBOT e l’INTELLIGENZA ARTIFICALE richiedono a tutti, nessuno escluso, un’evoluzione continua della proprie competenze. In questo scenario così dinamico, quali sono le competenze indispensabili da sviluppare? Ne scrivo nella prossima perla.

Adriana Galgano

Adriana Galgano, docente e Partner Ottantaventi

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